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Comment to Andrea di Lenarda

Centro Cardiovascolare, Azienda Ospedaliera Universitaria e Servizi Sanitari di Trieste, Italia

Commento a: Sciatti E, Nesti U, di Lenarda A. Indirect comparison between ferric carboxymaltose and oral iron replacement in heart failure with reduced ejection fraction: a network meta-analysis. Monaldi Arch Chest Dis 2021; 91: 1703.

Introduzione

I progressi nella gestione dello scompenso cardiaco (SC) con frazione di eiezione ridotta (HFrEF) hanno la potenzialità di cambiare la storia naturale di questa malattia migliorandone la sopravvivenza e riducendo i ricoveri ospedalieri (1).

Purtroppo l’implementazione di queste fondamentali opportunità terapeutiche è tuttora lenta ed incompleta. Solo metà dei pazienti arruolati nei registri pubblicati in letteratura è in trattamento con la triplice terapia ed ancor meno sono quelli che li assumono a dosaggi adeguati. Questo è uno dei motivi per cui non solo mortalità e morbilità rimangono elevate, ma anche la qualità della vita e la capacità funzionale dei pazienti sono spesso insoddisfacenti (2). L’età dei pazienti e soprattutto le frequenti comorbidità svolgono un ruolo decisivo nel peggiorare la gravità dei sintomi e la prognosi e ridurre la tollerabilità ai trattamenti (2,3). Tra questi, la carenza di ferro (ID), definito come livello di ferritina sierica < 100 μg/L (ID assoluta) o 100-299 μg/L con saturazione della transferrina <20% (ID relativa), colpisce quasi il 40% dei pazienti con SC, indipendentemente dall’anemia (4) ed in proporzione alla gravità dei sintomi di SC.

Il trattamento dell’ID in pazienti con SC ha migliorato i sintomi, la qualità della vita, la capacità di esercizio ed ha ridotto i ricoveri in studi randomizzati e controllati ed in una meta-analisi, indipendentemente dai livelli di emoglobina (5-10). Tuttavia, in questi studi sono stati confrontati il carbossi maltosio ferrico (FCM) per via endovenosa vs placebo in aggiunta alla terapia ottimizzata dello SC.

Solo uno studio ha invece studiato il ferro per via orale rispetto al placebo nei pazienti con SC, non risultando efficacie né sulla capacità di esercizio né sulla qualità della vita (11). In accordo con questi risultati, le Linee Guida (1) hanno inserito la valutazione del profilo marziale nel work-up diagnostico del paziente con SC. Nei pazienti sintomatici con HFrEF, il FCM è raccomandato per alleviare i sintomi di SC e migliorare capacità di esercizio e qualità della vita (1). Tuttavia, ad oggi, nessuno studio randomizzato e controllato (RCT) ha confrontato direttamente, in pazienti sintomatici con HFrEF, il FCM con una formulazione di ferro per via orale.

Ferro endovena o ferro orale?

Una recente pubblicazione (12) ha affrontato questo aspetto attraverso un confronto indiretto di queste due strategie terapeutiche mediante una “network” meta-analisi. Sono stati selezionati alcuni studi sulla terapia marziale in pazienti con HFrEF ed idonei per essere inclusi nella nostra analisi (5,6,10,11). Per i dettagli della metodologia statistica si rimanda al lavoro originale (12).

Il processo di analisi è stato condotto in modo estremamente rigoroso, accurato e conservativo, minimizzando i possibili bias di pubblicazione (anche tenendo in considerazione il piccolo numero di articoli scientifici utilizzati). Inoltre è stato tenuto conto dei risultati del solo FCM per due ordini di ragioni. La prima, ovvia, è che il solo FCM è indicato per il trattamento dalle Linee Guida ESC (1), la seconda deriva dal fatto che non vi è bioequivalenza tra le diverse formulazioni di ferro endovena (13). L’analisi dell’effetto della terapia sul test dei 6 minuti (6MWT) ha dimostrato che il FCM è migliore del placebo, ma anche del ferro orale per confronto indiretto; inoltre, il placebo è più efficace del ferro orale (Figura 1). L’analisi inoltre dimostra che il FCM è la migliore opzione di trattamento.

Per quanto riguarda l’analisi della qualità della vita con il Kansas City Cardiomyopathy Questionnaire (KCCQ), solo il FCM è risultato migliore del placebo, con una tendenza verso una maggiore efficacia rispetto al ferro orale (Figura 2).

L’analisi inoltre dimostra il FCM è la migliore opzione di trattamento, mentre il ferro orale ha la maggiore probabilità di essere il secondo trattamento.

Commento al lavoro

Lo studio di Sciatti e coll. (12), primo confronto indiretto tra FCM e ferro orale nei pazienti con HFrEF, supporta una maggiore efficacia del FCM rispetto al ferro orale per quanto riguarda la capacità funzionale e evidenzia una tendenza positiva sulla qualità della vita. Oltre ai suoi ben noti effetti sui livelli di emoglobina e sul trasporto di ossigeno ai tessuti, il ferro influenza direttamente la capacità ossidativa, il metabolismo energetico e la funzione mitocondriale in tutti i tessuti, compresi i muscoli scheletrici e il miocardio (14-16).

Questo spiega perché la carenza marziale è associata a sintomi più severi e maggiori limitazioni funzionali nello SC. Inoltre, diversi studi hanno dimostrato che la ID è un determinante indipendente di morte o ricoveri in pazienti con SC (4, 17, 18). Tuttavia, la tradizionale correzione della carenza marziale non è facile nei pazienti con SC.

Una metanalisi di cinque RCT con ferro per via endovenosa (sia ferro saccarosio che FCM) ha evidenziato una riduzione dell’endpoint combinato di morte per tutte le cause o ospedalizzazione cardiovascolare (CV) (OR 0,44, IC 95% 0,30-0,64,p<0,0001), morte CV o ospedalizzazione per peggioramento dello SC (OR 0,39, IC 95% 0,24-0,63,p=0,0001) e ospedalizzazione per SC (OR 0,28, 95%CI 0,16-0,50, p<0,0001), in parallelo con un miglioramento della qualità della vita, della capacità funzionale e di altri sintomi (7). In particolare, i risultati sono stati principalmente guidati dai due studi con FCM (cioè FAIR-HF e CONFIRM-HF) (5,6). In particolare lo studio CONFIRM-HF ha dimostrato un miglioramento della capacità funzionale, dei sintomi e della qualità della vita ed una riduzione del 61% dei ricoveri per peggioramento dello SC nei pazienti trattati con FCM endovenoso (6). Recentemente è stato pubblicato lo studio di confronto del FCM con placebo in pazienti con SC acuto stabilizzato (AFFIRM-AHF), che ha randomizzato 1132 pazienti con HFrEF e carenza marziale. Il trattamento con FCM per 52 settimane si è dimostrato sicuro ed efficace per la riduzione dei ricoveri per SC, senza però un effetto significativo sulla morte CV (19). Sono in corso 3 studi per valutare gli effetti della terapia con diverse formulazioni di ferro per via endovenosa sulla mortalità nei pazienti con HFrEF e ID (FAIR-HF2, HEART-FID, IRONMAN).

Al contrario, l’unico studio randomizzato che ha analizzato l’efficacia del ferro orale nel contesto del HFrEF (Iron Repletion Effects on Oxygen Uptake in Heart Failure, IRONOUT HF), ha dimostrato un minimo effetto sul profilo marziale e non ha dimostrato un effetto significativo sulla capacità funzionale dopo 16 settimane di trattamento (11), malgrado le alte dosi utilizzate (5,11).

Non è possibile escludere che il polisaccaride di ferro ad alte dosi utilizzato in questo studio possa non essere il composto ideale per il trattamento della ID nello SC, e che altre formulazioni orali possano essere più efficaci in termini di assorbimento e biodisponibilità. Data la facilità di somministrazione orale rispetto all’impegno organizzativo necessario per infondere la terapia con FCM a tutti i pazienti con ID, sarebbe di grande utilità dimostrare l’efficacia di un’altra formulazione di ferro orale nell’HFrEF, anche se i meccanismi fisiopatologici non sembrano offrire molto spazio a questa opzione terapeutica.

Naturalmente va tenuto sempre ben presente cosa potrebbe significare un ripetuto supporto di ferro a lungo termine nel paziente con SC cronico, con la possibilità di un eccessivo deposito tissutale con relativo danno da radicali liberi. Studi a lungo termine per verificare la sicurezza di questo trattamento se somministrato ripetutamente per anni, saranno importanti per certificare la sua sicurezza.

Per concludere, lo studio di Sciatti e coll. (12) supporta le conoscenze attuali sull’efficacia del FCM, in confronto al ferro orale, rinforzando l’idea che il FCM sia la strategia di scelta per correggere la ID nei pazienti con HFrEF, per gli effetti benefici dimostrati sul miglioramento della capacità di esercizio e della qualità della vita rispetto al ferro orale. Fondamentale rimane comunque un corretto work-up diagnostico e terapeutico facendo sempre grande attenzione ai dosaggi corretti, eventualmente in doppia somministrazione (figura 3) (20).

Bibliografia

  1. Ponikowski P, Voors AA, Anker SD, et al. 2016 ESC Guidelines for the diagnosis and treatment of acute and chronic heart failure: The Task Force for the diagnosis and treatment of acute and chronic heart failure of the European Society of Cardiology (ESC).Developed with the special contribution of the Heart Failure Association (HFA) of the ESC. Eur J Heart Fail 2016;18:891-975.
  2. Metra M, Teerlink JR. Heart failure. Lancet 2017;390:1981-95.
  3. van Deursen VM, Urso R, Laroche C, et al. Co-morbidities in patients with heart failure: an analysis of the European Heart Failure Pilot Survey. Eur J Heart Fail 2014;16:103-11.
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  12. Sciatti E, Nesti U, Di Lenarda A. Indirect comparison between ferric carboxymaltose and oral iron replacement in heart failure with reduced ejection fraction: a network meta-analysis. Monaldi Arch Chest Dis. 2021 Mar 31. doi: 10.4081/monaldi.2021.1703.
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  20. Fava C, Piepoli M, Villani GQ. Scompenso cardiaco e carenza marziale. G Ital Cardiol 2019; 20: 126-135

 

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