Home>Magazine, PCR 4_2021, singoli-articoli>Come decifrare la torre di Babele

Comment to Claudio Borghi

Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università di Bologna

Il trattamento delle malattie cardiovascolari è largamente condizionato dalle evidenze che sono emerse dagli studi clinici controllati e dalla loro applicazione alla pratica clinica. Nella grande maggioranza dei casi tali evidenze sono frutto di studi basati su disegni sperimentali controllati che sono in grado di selezionare tipologie ben delineate di pazienti che sono raramente si assomigliano ai pazienti che sono oggetto della pratica clinica giornaliera. In particolare il controllo delle modalità di somministrazione, l’aggiustamento programmato delle dosi, la ricognizione costante della terapia concomitante ed il rilievo precoce di eventi avversi rendono la realtà dei trial solo parzialmente applicabile alla pratica clinica. Inoltre, la grande maggioranze delle evidenze derivate da studi clinici è frutto di politiche di “stratificazione” della terapia conseguenza delle politiche di aggiunta progressiva di nuove soluzioni rispetto ai trattamenti consolidati e questo incrementa il numero di farmaci da impiegare per ogni singola patologia e rappresenta la base per una moltiplicazione esponenziale del numero di farmaci che dovrebbero essere somministrati in presenza di poli-patologia. Infatti ogni singolo componente del quadro poli-patologico comporta a sua volta un processo dedicato di stratificazione della terapia rendendo molto difficile il controllo di questo impianto babelico della terapia ed incrementando la probabilità di uso scorretto dei farmaci, di modifiche arbitrarie delle dosi, di potenziali interazioni farmacologiche e di riduzione grossolana e imprevedibile della aderenza alla terapia con il risultato finale di una considerevole deflessione del risultato della terapia rispetto alle attese.

Questa tendenza apparentemente inarrestabile porterebbe ad una pseudo-paralisi o un sottoutilizzo delle opzioni terapeutiche in una epoca nella quale la complessità clinica e le sue implicazioni richiederebbero invece uno schema ordinato di intervento che permetta di tenere in equilibrio un fragile castello di carte nel quale ogni mossa dovrebbe essere ponderata e potrebbe rivelarsi disastrosa. La analisi dei sottogruppi degli studi clinici potrebbe aiutare a risolvere una parte di questo puzzle così complesso identificando popolazioni prioritarie ed altre nelle quali la probabilità di successo risulta meno evidente. Tuttavia, queste informazioni aggiuntive rappresentano solo un modesto ausilio a scelte terapeutiche spesso difficili e vissute spesso come logiche e lineari in ragione di una visione specialistica della applicazione delle evidenze che colloca le scelte preferenziali spesso senza tenere conto dell’impatto delle co-morbidità.

Oggi, alcuni studi recenti nell’ambito soprattutto dello scompenso cardiaco sembrano aprire uno spiraglio ad una soluzione di questo importante quanto spesso ignorato problema clinico. In particolare, gli studi che hanno coinvolto sacubitril-valsartan e gli inibitori di SGLT2 (dapagliflozin e empagliflozin) hanno proposto due concetti essenziali per una semplificazione razionale della terapia. Gli studi PARADIGM-HF e PARAGON-HF (in particolare il primo) hanno proposto una collocazione di sacubitril-valsartan in alternativa a trattamenti codificati, rispettivamente enalapril e valsartan, proponendo soluzioni cui consegue una scelta alternativa e non la classica soluzione di “add-on” rispetto allo status quo raccomandato. Tutto ciò determina che la entrata in gioco di un farmaco efficace coincida con la uscita per sostituzione di uno che si è rivelato meno efficace in una logica di alternanza che è tipica dello sport e che porta a mantenere inalterato il numero di giocatori contemporaneamente in campo. Per contro gli studi di intervento con SGLT2-inibitori nei pazienti con scompenso cardiaco (diabetici o non diabetici) hanno fatto emergere una nuova realtà con grandi potenzialità applicative, ossia la logica di overlapping nel meccanismo di beneficio clinico o di amplificazione dell’impatto di dosi considerate di efficacia subclinica. Ancora una volta la analisi di sottogruppi dello studio DAPA-HF, che è fortemente dedicata ad indagare gli effetti della somministrazione combinata di dapagliflozin con altri farmaci raccomandati nel paziente con scompenso cardiaco, ha dimostrato come il beneficio clinico identificato dall’obiettivo primario sia pressochè sovrapponibili nei pazienti che assumono una dose di beta-bloccanti o ace-inibitori maggiore o minore/uguale al 50% di quella raccomandata. Tutto ciò suggerisce che l’impiego di questa classe di farmaci potrebbe rappresentare una soluzione in grado estendersi ad includere una parte rilevante del benefico di altre classi di farmaci e questo potrebbe essere dovuto alla capacità di SGLT2i di vicariare parte del meccanismo d’azione di altre classi di farmaci (es attraverso controllo volume circolante o funzione macula densa e quandi attivazione riflessa RAAS) oppure, più probabilmente, suggerire la possibilità di una amplificazione funzionale del beneficio di dosi più ridotte di altre classi di farmaci che appare una ipotesi di grande interesse nel progetto di “disboscamento” della complessità terapeutica senza perdere efficacia clinica.

Questi elementi rappresentano solo le evidenze più superficiali di un mondo di possibile revisione dei concetti che sottendono all’uso razionale della polifarmacoterapia e dimostrano come il crepuscolo della logica di add-on treatment sia iniziato a favore di una valutazione più attenta della enormi aree di sovrapposizione e interazione tra meccanismi farmacologico, intesi in senso costruttivo e non di sicurezza di impiego e, forse, nel giro di qualche anno saremo in grado anche di fornire una lettura intellegibile di questa che, ogni giorno di più, sembra una Babele indecifrabile.

 

Related papers

  • Nell’ambito della medicina cardiovascolare uno dei “mantra” ricorrenti è il termine “polipillola” che viene suggerita come una soluzione futuribile per il trattamento delle cosiddette malattie cronico-degenerative. Tuttavia, ciò che non è ancora interamente definito è se per dare costrutto a tale termine semanticamente evocativo sia necessario prevedere una logica di supporto o semplicemente ci si [more info]

  • Abstract Le malattie cardiovascolari (CV) rappresentano la principale causa di mortalità nei paesi industrializzati. La riduzione dei livelli di colesterolo LDL (C-LDL) è fondamentale per la prevenzione degli eventi CV, soprattutto nei pazienti a rischio alto e molto alto. Le statine rappresentano il trattamento di prima linea per il controllo delle dislipidemie, ma molti pazienti [more info]

  • Abstract L’obesità è una malattia cronica multifattoriale caratterizzata da eccessivo accumulo di adipe spesso a distribuzione viscerale, che porta a numerose conseguenze cardio-metaboliche, tra cui l’aumento dei valori di pressione arteriosa sistemica. Considerare l’obesità non solo come fattore di rischio, ma come elemento centrale all’origine di numerose malattie metaboliche, cardiovascolari e renali, permette di superare [more info]