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Comment to Claudio Borghi

Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università di Bologna

Nell’ambito della ricerca clinica lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche solitamente alla identificazione preliminare di un razionale farmacologico basato sulla possibilità di correggere una condizione patologica di fondo attraverso la somministrazione di sostanze di varia natura in grado di interferire direttamente o indirettamente con il meccanismo di malattia. Con queste modalità si terapie adeguate per curare le malattie infettive, per correggere i principali fattori di rischio cardiovascolare, le malattie metaboliche e molte altre delle condizioni acute e croniche che popolano i manuali di clinica medica. Più recentemente lo studio della efficacia clinica dei farmaci si è arricchito di una nuova modalità di indagine basata sulla ricerca di effetti potenzialmente sfavorevoli di determinate classi di farmaci che si esplicano in ambiti diversi da quelli del beneficio primario dei farmaci in studio. Destinatari di questa nuova modalità di approccio alla ricerca clinica sono i moderni farmaci antidiabetici, il cui impiego estensivo è stato sottoposto ad una valutazione dell’impatto cardiovascolare sulla base di una normativa imposta dall’americana FDA che ha permesso di comprendere come il loro effetto metabolico si associasse ad eventuali vantaggi/svantaggi in ambito di prognosi cardiovascolare.

La logica di tale approccio inusuale alla terapia farmacologica nasce dalla osservazione che i farmaci antidiabetici hanno solitamente dimostrato una capacità limitata di prevenire le complicanze cardiovascolari nonostante un miglioramento evidente e persistente del controllo glicemico. Poiché la logica fisiopatologica vorrebbe che la correzione del dissesto metabolico si associasse ad un beneficio nei confronti di tutte le possibili complicanze del diabete, il riscontro di una realtà clinica contrastante a fatto presumere la capacità di alcuni farmaci ipoglicemizzanti di agire in senso sfavorevole nei confronti dei meccanismi responsabili delle malattie cardiovascolari (es. pressione arteriosa, profilo lipidico, meccanismi pro-aterogeni, ecc) sistema di contro-regolazione in grado di annullare, di fatto, l’effetto favorevole del migliorato controllo glicemico. Inoltre i risultati di uno studio basato sull’impiego di un inibitore di DPP4, avevano evidenziato come il suo impiego si associasse ad un aumento della ospedalizzazione per scompenso cardiaco confermando pertanto la impressione della natura a “doppio taglio” di alcune strategie raccomandata per la gestione corrente di una condizione molto diffusa come la malattia diabetica.

La conseguenza più diretta di tale strategia di ricerca clinica “integrata” è stata la conduzione di una serie di studi clinici che hanno coinvolto massicciamente i farmaci antidiabetici si sviluppo più recente e cioè agonisti di GLP-1 (GLP1-RA) e inibitori dell’enzima SGLT2 (SGLT2-i) entrambi capaci di interagire con sistemi coinvolti in senso lato nel controllo glicemico, ma anche in quello del peso corporeo e della sensibilità insulinica. La grande sorpresa che è derivata da tale approccio protezionistico è stata la dimostrazione della capacità di tale classe di farmaci di esercitare una solidissima e confermata azione di prevenzione cardiovascolare che coinvolge tutte le espressioni del danno cardiaco e vascolare periferica con un’azione prevalente nei confronti della malattia aterosclerotica (GLP1-RA) e dello scompenso cardiaco a funzione sistolica depressa (HFrEF) o conservata (HFpEF) per gli SGLT2-i (1). Ancora più interessante ed inattesa è la osservazione che tale azione di prevenzione cardiovascolare soprattutto dei farmaci SGLT2-i si estrinseca in maniera del tutto analoga nei confronti del bersaglio prestabilito e cioè i pazienti diabetici, ma anche nei confronti di quello apparentemente non in gioco ossia i pazienti non diabetici aprendo uno scenario di impiego che coinvolgerà in maniera prevalente un obiettivo terapeutico per il quale i farmaci in esame non erano stati disegnati. Tale cambiamento di rotta potrebbe addirittura portare ad un radicale cambio di rotta in termini di indicazioni terapeutiche con una somministrazione di tali farmaci in maniera totalmente indipendente dalla presenza di diabete come è possibile riscontrare sulle recenti linee guide ESC per la gestione dello scompenso cardiaco che collocano gli inibitori di SGLT2 tra i farmaci di prima scelta senza sottolineare alcun ruolo per la presenza o meno di diabete (Figura 1).

Questa vicenda, che andrà ad arricchire in maniera sostanziale la disponibilità di soluzioni efficaci in ambito di prevenzione cardiovascolare, non rappresenta il solo esempio di “serendipity” in ambito farmacologico (es. sildenafil), ma ha risvolti storici interessanti che rassomigliano alla impresa di Cristoforo Colombo e della sua scoperta delle Americhe che hanno rappresentato per quella flotta un bersaglio inatteso che però si è rivelato nel tempo la origine di uno sviluppo del mondo che ha assunto nel tempo aspetti di tipo socialmente e culturalmente dominante, come potrebbe succedere per il risultato di questa operazione di approfondimento farmacologico che oggi sembra soverchiare anche il filone principale di ricerca.

Tutto ciò dovrebbe insegnare la importanza di considerare ogni effetto inatteso della terapia come una potenziale nuova scoperta di un nuovo mondo che non necessariamente deve essere considerato come una minaccia, ma talora come la espressione del progresso oltre le conoscenze razionali.

Bibliografia

  1. Seferovic P et al, Sodium–glucose co-transporter 2 inhibitors in heart failure: beyond glycaemic control.A position paper of the Heart Failure Association of the European Society of Cardiology. Eur Heart J 2020: 22; 1495-1503
  2. McDonagh TA et al, 2021 ESC Guidelines for the diagnosis and treatment of acute and chronic heart failure. Eur Heart J 2020: 00; 1-128

 

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