La fibrillazione atriale è l’aritmia sostenuta di più ampio riscontro nella pratica clinica. Nei prossimi decenni il numero di pazienti affetti da fibrillazione atriale è destinato a raddoppiarsi a causa del progressivo invecchiamento della popolazione generale, in particolare nei paesi occidentali, con conseguente all’espansione di quelle fasce di età dove la fibrillazione atriale è più frequente (Figura 1) (1). La frequenza di questa aritmia, infatti, oscilla tra 1% e 2% nella popolazione generale ma la sua prevalenza cresce da meno dello 0.5% nei soggetti con meno di 50 anni al 3-4% nei soggetti tra 60 e 70 anni fino a raggiungere tra gli ultraottantenni una frequenza stimata nelle diverse casistiche tra il 5% ed il 15% (2-6). L’impatto clinico della fibrillazione atriale è particolarmente rilevante nell’anziano. Il rischio di ictus ischemico nella popolazione con fibrillazione atriale, infatti, è 5 volte maggiore rispetto alla popolazione generale con una diretta responsabilità di questa aritmia su circa il 20% di tutti gli eventi ischemici cerebrali sintomatici, percentuale che nei pazienti anziani ultraottantenni sale al 25-30% (7,8). La particolare suscettibilità dell’anziano a sviluppare fibrillazione atriale è in parte da ricondurre ai fenomeni di rimodellamento elettrico e anatomico a carico dell’atrio sinistro legati anche alle modificazioni fisiologiche o “parafisiologiche” del miocardio atriale dovute alla senescenza stessa. Infatti, dal punto di vista anatomico, nel paziente anziano si osserva una progressiva e costante deposizione di tessuto amiloide in atrio, con conseguente perdita di elasticità e contrattilità del miocardio e dilatazione della cavità cardiaca (9). Dal punto di vista elettrico, invece, si verifica un diffuso rallentamento nella conduzione del potenziale elettrico e un aumento dei periodi refrattari dell’atrio associato ad una riduzione della frequenza di scarica del nodo del seno (10). Questi fenomeni involutivi, ovviamente, non sono sempre sufficienti ad innescare una fibrillazione atriale che, se così fosse, dovrebbe interessare tutti gli anziani. Invero, le succitate modificazioni del miocardio rappresentano per lo più condizioni predisponenti che vengono amplificate nelle loro potenzialità aritmogeniche dalla cronica esposizione nel corso della vita ai diversi fattori di rischio cardiovascolare quali l’ipertensione arteriosa o il diabete mellito. L’ipertensione, in particolare, aumenta considerevolmente il rischio di fibrillazione atriale sia negli uomini che nelle donne (2-6). Invero, la fibrillazione atriale rappresenta una sorta di mini-epidemia nell’ambito dell’ampia popolazione degli anziani ipertesi. Peraltro, l’ictus ischemico dovuto alla fibrillazione atriale è spesso devastante negli anziani ipertesi con un enorme impatto prognostico sia quoad valetudinem che quoad vitam e ricadute socio-economiche di vaste proporzioni (2-6). Non sorprende, quindi, che le linee guida raccomandino lo screening sistematico della fibrillazione atriale nelle popolazioni a rischio più elevato quali, appunto, gli anziani ipertesi (5,11). Lo screening opportunistico della fibrillazione atriale attraverso la palpazione del polso rappresenta l’approccio più seguito (12), ma la sua accuratezza diagnostica è piuttosto modesta, con una sensibilità dell’87% ed una specificità dell’81% (13). Invero, la fibrillazione atriale ha spesso carattere parossistico e, conseguentemente, può sfuggire alla singola rilevazione. Non di rado l’ictus embolico rappresenta l’evento con cui viene diagnosticata una fibrillazione atriale fino ad allora misconosciuta in ragione della sua sintomatologia modesta, se non del tutto assente. Per questo motivo le linee guida supportano l’uso di tecniche di monitoraggio per lo screening della fibrillazione atriale negli anziani ipertesi (5,11,14).
Individuazione della fibrillazione attraverso la misurazione domiciliare della pressione arteriosa
L’automisurazione domiciliare della pressione arteriosa rappresenta attualmente uno dei pilastri su cui poggia la gestione dell’ipertensione arteriosa (15,16). La misurazione domiciliare della pressione arteriosa, infatti, se utilizzata sistematicamente ed in modo corretto, presenta numerosi vantaggi gestionali e clinici (15): a) permette un numero di misurazioni sufficientemente alto per un corretto giudizio clinico; b) non risente dell’ “effetto camice bianco” (e quindi ne permette la diagnosi differenziale); c) non è operatore dipendente; d) permette la misurazione della pressione al mattino e prima dell’assunzione del farmaco in modo da valutare la copertura farmacologica delle 24 ore; e) è largamente accessibile ad un costo contenuto; g) può avere un’elevata riproducibilità; f) è in genere ben accettata da parte del paziente (ne migliora la compliance) e può far risparmiare tempo al medico. L’automisurazione della pressione arteriosa consente, inoltre, un fattivo coinvolgimento del paziente nella gestione della propria condizione ipertensiva attraverso la percezione “de visu” dei propri valori pressori ed al tempo stesso consente al medico di poter disporre di un elevato numero di misurazioni pressorie che, peraltro, hanno l’indiscutibile valore aggiunto di essere state rilevate in un contesto reale, quello del vivere quotidiano del paziente e non nell’ambiente “estraneo” per il paziente rappresentato dallo studio medico. Per questo motivo la predittività della pressione arteriosa nei riguardi degli eventi cardiovascolari è migliore di quella della pressione arteriosa misurata in ambiente clinico (20-25). La misurazione domiciliare della pressione arteriosa è anche utile nella gestione a lungo termine dei pazienti con ipertensione arteriosa in trattamento, anche in considerazione del migliore controllo dei valori pressori riscontrato in pazienti che eseguono rispetto a quelli che non eseguono la misurazione domiciliare della pressione arteriosa (26)
Alcuni dei moderni strumenti automatici per la misurazione della pressione arteriosa sono dotati di specifici algoritmi diagnostici che consentono di porre il sospetto di fibrillazione atriale nel corso della misurazione pressoria rappresentando, quindi, un prezioso ausilio per la identificazione della quota misconosciuta di fibrillazione atriale e per la precoce impostazione di strategie di intervento per la prevenzione dell’ictus embolico (17). L’accuratezza diagnostica dell’identificazione della fibrillazione atriale durante la misurazione automatica della pressione arteriosa dipende molto dal numero di misurazione ottenute (17). Gli strumenti utilizzati per la misurazione domiciliare sono programmati per effettuare 3 misurazioni pressorie in sequenza per poi fornire un valore pressorio medio sulle 3 rilevazioni unitamente all’indicazione relativa alla presenza o meno di fibrillazione atriale. Le ragioni alla base di questa triplice rilevazione sono sostanzialmente 3 (17). In primo luogo, gli studi clinici suggeriscono che la ripetizione di 3 misurazioni consente di avere una stima più affidabile della pressione “reale” del paziente. Le linee guida raccomandano di effettuare almeno 2 rilevazioni pressorie e di prevedere misurazioni addizionali nel caso in cui le prime due differiscano considerevolmente (5 o più mmHg) tra di loro (15,16). In secondo luogo, l’effettuazione di misurazioni ripetute consente di superare le problematiche relative alla stima esatta della pressione arteriosa nei paziente con irregolarità del ritmo cardiaco (18). Da ultimo, l’accuratezza diagnostica (in termini di specificità e sensibilità) nell’identificazione di una possibile fibrillazione atriale viene implementata dalle misurazioni ripetute (19). Una meta-analisi di 6 studi finalizzati alla valutazione dell’affidabilità diagnostica della misurazione automatica della pressione arteriosa nell’identificazione della fibrillazione atriale ha evidenziato una sensibilità pari a 0.98 (intervallo di confidenza al 95% compreso tra 0.95 e 1.00) ed una specificità pari a 0.92 (intervallo di confidenza al 95% compreso tra 0.88 e 0.96) (Figura 2) (17). L’uso di misurazioni ripetute è risultato associato ad un incremento, sia pur modesto, della sensibilità (da 0.97 con un intervallo di confidenza al 95% compreso tra 0.93 e 1.00 a 0.99 con un intervallo di confidenza al 95% compreso tra 0.97 e 1.00) (Figura 3) e della specificità (da 0.86 con un intervallo di confidenza al 95% compreso tra 0.84 e 0.89 a 0.91 con un intervallo di confidenza al 95% compreso tra 0.89 e 0.93) (Figura 4). E’ evidente che l’utilità diagnostica dei dispositivi automatici per la misurazione della pressione arteriosa nell’individuazione della fibrillazione atriale è condizionata dalla validità degli algoritmi utilizzati. A questo riguardo è meritevole di menzione un recente studio condotto in 99 pazienti anziani (età media 70.2 anni) sottoposti simultaneamente a registrazione elettrocardiografica e a misurazione della pressione arteriosa con dispositivo automatico (Omron BP785N) provvisto di uno specifico algoritmo per la rilevazione di una possibile fibrillazione atriale. Questo studio ha dimostrato una accuratezza diagnostica dell’87.88% con una sensibilità del 100% ed una specificità dell’84.8% (27). In linea con queste evidenze uno studio, anch’esso, condotto in 227 pazienti in trattamento dialitico cronico ha dimostrato per il dispositivo Omron M6 una accuratezza diagnostica pari a 93.4% (intervallo di confidenza al 95% compreso tra 88.0 e 95.0), una sensibilità pari a 83.0% (intervallo di confidenza al 95% compreso tra 59.0 e 96.0) ed una specificità pari a 94% (intervallo di confidenza al 95% compreso tra 90.0 e 97.0) (28). Uno studio di confronto condotto da Marazzi G et al (29) in 503 pazienti ipertesi consecutivi sottoposti a misurazione della pressione arteriosa con 2 diversi dispositivi automatici dotati di algoritmo per la identificazione di irregolarità del ritmo cardiaco ha dimostrato per Omrom M6 una sensibilità nella identificazione della fibrillazione atriale del 100%, una specificità del 94% ed una accuratezza diagnostica del 95% e per Microlife BP A200 Plus una sensibilità del 92%, una specificità del 97% ed una accuratezza diagnostica del 94%. Ovviamente, parlando di anziani non può non essere sottolineato l’importanza della semplicità degli strumenti automatici per la misurazione pressoria che ne consenta l’agevole utilizzo in soggetti con diversa circonferenza brachiale e che non risentano di eventuali malposizionamenti dovuti ad una destrezza non sempre ottimale. Fortunatamente la ricerca tecnologica ha reso oggi disponibili speciali manicotti – quali l’Intelli-wrap-cuff in dotazione con il misuratore automatico Omron M6 comfort-IT – in grado di misurare correttamente la pressione arteriosa fino a 42 cm di circonferenza brachiale. Queste speciale manicotto, peraltro, consente di rilevare la pressione con accuratezza senza risentire di un eventuale malposizionamento a livello del braccio, elemento che invece può determinare una non trascurabile variabilità delle rilevazioni pressorie. Questo aspetto appare non poco rilevante perchè il posizionamento non adeguato del bracciale rappresenta uno degli errori metodologici più spesso compiuti dal paziente e può portare ad una significativa sovrastima dei valori pressori. Mediamente un paziente su tre non posiziona correttamente la zona rilevatrice del bracciale rispetto all’arteria omerale. Un’ulteriore implementazione della misurazione domiciliare della pressione arteriosa è rappresentato dalla possibilità, offerta dai moderni dispositivi, del telemonitoraggio in remoto dei valori pressori misurati a livello domiciliare. In effetti la teletrasmissione a distanza dei dati automisurati si è dimostrata in grado di favorire un migliore controllo dell’ipertensione arteriosa (30).
Conclusioni
Lo screening della fibrillazione atriale rappresenta una problematica clinica di indiscutibile rilevanza. L’attuale disponibilità di dispositivi automatici per la misurazione della pressione arteriosa dotati di specifici algoritmi per rilevare la possibile presenza di irregolarità del ritmo cardiaco rappresenta una preziosa opportunità per identificare quella quota sommersa di fibrillazione atriale responsabile di una proporzione rilevante di eventi embolici a livello cerebrale e sistemico, soprattutto nella popolazione geriatrica. Questo tipo di approccio diagnostico può essere utilizzato anche e soprattutto in ambito domiciliare dove la possibilità di effettuare misurazioni ripetute della pressione arteriosa in orari diversi, in giorni diversi ed ogni qualvolta il paziente possa presentare una sintomatologia aritmica consente di aumentare considerevolmente la possibilità di identificare le forme parossistiche di fibrillazione atriale. Questo tipo di approccio di screening, decisamente più affidabile dello screening opportunistico con la palpazione del polso, è indicato nei soggetti ultrasessantacinquenni mentre non è consigliabile nei soggetti più giovani in ragione della non disponibilità di specifiche evidenze di validità e della possibilità di falsi positivi dovuti all’eventuale presenza di una aritmia sinusale (17).
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